Calcolosi Urinaria

La calcolosi urinaria è una patologia determinata dalla precipitazione nelle cavità escretrici urinarie di costituenti poco solubili dell'urina con formazione di aggregati cristallini di dimensioni e composizione chimica variabili.
Rappresenta una patologia alquanto frequente nel mondo occidentale: circa il 2-3% della popolazione sviluppa infatti nel corso della vita almeno un episodio di calcolosi e l'incidenza di nuovi casi/anno si aggira attorno allo 0.1-0.2%. In Italia si stima che la calcolosi urinaria primitiva o recidiva colpisca circa 250.000 persone all'anno, in 40.000 delle quali sono richiesti uno o più trattamenti per la completa bonifica. Recentemente è stata rilevata una tendenza all'aumento della prevalenza della calcolosi delle vie urinarie superiori soprattutto nei Paesi industrializzati, probabilmente per una più elevata assunzione di proteine con la dieta.Il picco di incidenza per tale patologia si colloca tra la terza e la quinta decade di vita con predilezione per il sesso maschile (con rapporto 2-3 : 1), fatta eccezione per i calcolo di struvite, appannaggio principalmente del sesso femminile. La percentuale di recidive è stimata tra il 50% ed il 70% dei casi.Essa si localizza prevalentemente (97% dei casi) a livello del rene e del uretere mentre solamente nel 3% dei casi è interessata primitivamente la vescica. Questa sede è più frequente nei paesi sottosviluppati.I calcoli urinari possono essere distinti in base alla loro composizione chimica e al tipo di struttura cristallina nei seguenti sottotipi:I fattori responsabili della formazione e crescita di un calcolo urinario sembrano essere molteplici. In particolare rivestono un ruolo fondamentale l'eccessiva concentrazione di soluti litogeni nell'urina (sovrasaturazione urinaria) che provoca la formazione di particelle elementari (cristalli) e la carenza di sostanze inibenti la cristallizzazione e l'aggregazione dei cristalli stessi.Altri possibili fattori che concorrono nella formazione dei calcoli sono rappresentati dalla stasi urinaria, determinata da un ostacolo totale o parziale al deflusso delle urine nelle vie escretrici e dalla presenza di un'infezione urinaria, soprattutto da parte di microrganismi ureasi-produttori (ad esempio Proteus Mirabilis), che determinando un aumento del pH urinario che a valori di 8-9 favorisce la formazione di calcoli di struvite (fosfato di magnesio e ammonio).

L'esame delle urine ci offre un primo importante riferimento diagnostico: ci consente di studiare il Ph , cioè il grado di acidità.
Se le urine sono acide PH < 6 c'è buona probabilità che i calcoli siano di acido urico. Un ph neutro , leggermente acido , favorisce la calcolosi di ossalato di calcio e di carbonato di calcio.
Un pH alcalino , favorisce i calcoli di struvite , cioè calcoli da infezione.

Lo studio del sedimento può identificare una cristalluria (presenza di cristalli di acido urico, di ossalato di calcio...).
L'aspetto delle urine è importante!
Se queste sono ematiche  o c'è microematuria , in assenza di colica dovremo pensare ad un calcolo. Se queste sono torbide , dovremo pensare ad una infezione (presenza di pus) (infezione associata a calcolo).

Gli esami Strumentali di  primo livello

Ecografia renale e vescicale
L’ecografia renale e vescicale consente di accertare la presenza di calcoli (aspetto iperecogeno con cono d’ombra), sia radiopachi che radiotrasparenti, della grandezza >0.3 cm.
Il limite di tale metodica è rappresentato dall’impossibilità di esplorare l’uretere ad eccezione del tratto sottogiuntale e iuxtavescicale . Con l’ecografia è altresì possibile valutare la presenza di una dilatazione delle cavità uretero-pielo-caliceali in caso di ostruzione. Date le caratteristIché poco invasive di tale metodica, l’ecografia si può eseguire anche in Corso di colica, per una precoce diagnosi di apparato o per escludere una  sofferenza renale importante.
Radiografia (Rx) Diretta dell'addome
La radiografia diretta dell’addome con proiezioni antero-posteriori (AP) , laterali (L-L) ed oblique (O) consente di dimostrare, esclusa la litiasi uratica, la presenza di formazioni radiopache sulla proiezione delle vie  urinarie ,le dImensioni e la forma .   In genere le sedi più frequenti della calcolosi sono a livello dei restringimenti fisiologici della via escretrice, dove più facilmente i calcoli si arrestano aumentando di dimensioni e provocando dilatazione a monte. Tali sedi sono i gruppi caliceali inferiori (soprattutto se con colletti ristretti), la giunzione pielo-ureterale, l’incrocio dell’uretere con i vasi iliaci e la giunzione uretero-vescicale. La diagnosi differenziale deve escludere quelle formazioni radiopache che non si inseriscono entro il profilo renale o lungo il possibile decorso della via escretrice, quali calcificazioni ghiandolari a livello mesenterico, calcoli biliari, calcificazioni pancreatiche, vascolari e pelviche (fleboliti)

La terapia medica

Obiettivo della terapia sia medica che chirurgica conservativa /invasiva , è quello orientato alla rimozione del calcolo, tenendo presente che calcoli di diametro fino a 5 mm non richiedono, se responsivi alla terapia sintomatica, alcun trattamento immediato perché suscettibili di espulsione spontanea.

La terapia ad onde d'urto esterne (ESWL)

Il trattamento ad onde d'urto extracorporee prevede la frammntazione del calcolo mediante emissione da parte di un dispoitivo, di ondo d'urto.

Tale trattamento è sempre meno consigliato per la estrema raffinatezza delle tecniche e tecnologie miniinvasive endoscopiche e per la necessità, il più delle volte di eseguire più trattamneti sullo stesso calcolo.

Inoltre i frammenti prodotti dalla litotrissia devono comunque essere espulsi spontaneamente con relativo disconfort da parte del paziente.

La terapia chirurgica

L'ureterorenoscopia rappresenta l'opzione terapeutica di scelta per il trattamento della calcolosi ureterale non trattabile con ESWL (diametro > 10-15 mm) oppure non responsiva a tale trattamento e talvolta nella calcolosi renale. La percentuale di clearance completa dopo URS varia dal 90-99% nel caso di calcoli localizzati a livello dell'uretere distale a più del 60% in caso di localizzazione a livello del suo tratto prossimale ed intermedio.La degenza ospedaliera post-operatoria prevista per tale trattamento varia generalmente da 2 a 4 giorni, salvo complicanze.
L'ureterorenoscopia è una manovra chirurgica mini-invasiva eseguita in anestesia generale, con il paziente supino su un tavolo operatorio radiourologico dotato di braccio a C, che si avvale di strumenti semi-rigidi e flessibili.Previa introduzione nell'uretere interessato di una guida metallica fatta risalire fino alla pelvi renale, si introduce in vescica e quindi in uretere l'ureteroscopio e lo si fa risalire fino a livello del calcolo. Una volta visualizzato il calcolo, questo potrà essere rimosso con pinza o con cestello se il suo diametro non supera quello dell'ureteroscopio. Nel caso in cui le sue dimensioni impediscano l'asportazione diretta, si procederà alla sua frantumazione in sede mediante energia laser, balistica o ultrasonica e successiva rimozione dei frammenti con cestello. Al termine dell'intervento viene posizionato uno stent ureterale.
Le complicanze del trattamento ureterorenoscopico possono essere classificate in minori o maggiori. Il tasso di complicanze varia generalmente dal 5 al 14%. Le complicanze minori includono dolore lombare, abrasioni della mucosa ureterale, la creazione di false strade e la migrazione del calcolo stesso in altre sedi, in particolare la sua risalita nella pelvi o nei calici renali e la fuoriuscita nello spazio retroperitoneale.Tra le complicanze maggiori sono annoverate invece lesioni a carico dell'uretere, quali perforazioni, avulsioni e stenosi, e le infezioni secondarie a carico delle vie urinarie. Le perforazioni ureterali sono solitamente trattate mediante il posizionamento di uno stent tipo doppio J; il trattamento di lesioni ureterali di maggiore gravità può tuttavia richiedere un drenaggio percutaneo ed eventualmente un approccio chirurgico a cielo aperto. In caso di avulsione ureterale è necessario un immediato intervento chirurgico riparativo a cielo aperto sebbene eccezionalmente possa rendersi necessaria una nefrectomia. Le stenosi ureterali possono far seguito ad una perforazione o ad una dilatazione dell'uretere e sono riscontrate nel 3-11% dei casi.

La litotrissia percutanea

La litotrissia percutanea rappresenta in monoterapia o in associazione all'ESWL  (litotrissia extracorporea ad onde d'urto) l'opzione principe per il trattamento di calcoli renali di grosse dimensioni (> 20 mm), sia semplici che a stampo oppure in caso di litiasi associata ad anomalie del rene o dell'alta via escretrice quali il rene a ferro di cavallo od ectopico, i diverticoli caliceali, le ostruzioni infundibolari od ureterali.
La PCNL è inoltre indicata in caso di insuccesso di ESWL (litotrissia extracorporea ad onde d'urto)  od URS (ureterorenoscopia ), in pazienti con deformità muscolo-scheletriche che impediscano l'utilizzo della litotrissia extracorporea e nel rene trapiantato.

L'unica controindicazione assoluta alla litotrissia percutanea è rappresentata dalle coagulopatie.
Tra le controindicazioni relative sono annoverate:
1.anomalie anatomiche quali la notevole obesità, la splenomegalia o il megacolon che rendono impraticabile o quantomeno rischioso l'accesso percutaneo.
La litotrissia percutanea deve essere esclusivamente eseguita in pazienti privi di infezioni urinarie che, qualora presenti, devono essere risolte prima del trattamento.

La bonifica completa della calcolosi dopo litotrissia percutanea si ottiene in circa l'85-99% dei casi a seconda della localizzazione del calcolo.
Le cause di mancata riuscita dell'intervento  sono da attribuirsi soprattutto alla complessità del calcolo da trattare (calcolo a stampo), alla morfologia della via escretrice e alla metodica di frantumazione utilizzata.

La degenza ospedaliera post-operatoria prevista per tale trattamento varia generalmente da 2 a 3 giorni, salvo complicanze.
La litotrissia percutanea è una manovra chirurgica mini-invasiva che viene eseguita in anestesia generale con il paziente generalmente collocato in posizione prona su un tavolo operatorio radiourologico dotato di dispositivo radioscopico con braccio a C.
Essa si svolge in due distinte fasi:
Primo tempo, con il paziente in decubito supino, previa introduzione di una guida metallica nell'uretere dal lato del calcolo, si posizionano uno stent ureterale ed un catetere vescicale. Successivamente, girato il paziente in posizione prona ed opacizzata la via escretrice attraverso lo stent ureterale precedentemente introdotto, sotto guida radiografica od ecografica si punge usualmente il calice inferiore del rene, si posiziona una guida metallica di lavoro ed una di sicurezza e si procede alla dilatazione del tramite nefrostomico. Tale dilatazione può essere effettuata utilizzando dilatatori metallici, teflonati o mediante l'uso di un dilatatore a palloncino. Al termine della dilatazione viene posizionato un canale operativo (camicia di Amplatz) attraverso il quale viene fatto scorrere il nefroscopio. Visualizzato il calcolo, qualora questo sia di modeste dimensioni, si può procedere alla sua rimozione mediante cestellamento; nel caso invece in cui il suo volume ne impedisca l'asportazione diretta, si procede alla sua frantumazione mediante sonda ultrasonica, laser o balistica ed all'asportazione dei frammenti creatisi. Al termine della procedura vengono posizionati uno stent per via anterograda in uretere ed un catetere nefrostomico di vario calibro in pelvi renale.